Gela, arrestato un uomo di 34 anni, sarebbe stato lui a sparare 7 colpi questa notte, ora è in attesa di essere trasferito in carcere

Redazione

Emerge un quadro un po’ più chiaro adesso che il fumo della polvere da sparo si è diradato . La scorsa notte il panico ha preso il sopravvento dopo una rissa finita nel sangue, tutto, a quanto sembra per problemi di donne. O meglio, di una donna. I Carabinieri, che indagano sul caso, non si sbilanciano. Una ragazza contesa o forse un complimento di troppo. L’assioma sarebbe comunque questo: movente passionale. A un certo punto sotto gli occhi terrorizzati di camerieri e clienti del locale, tra i più frequentati e per bene della città, c’era solo silenzio e un uomo a terra sanguinante, steso sull’asfalto, nel piazzale, a metà strada tra l’ingresso del bar e le pompe di benzina. L’uomo è un quarantaduenne di Licata (Michele C.) noto alle forze di Polizia.

Ma proviamo a riavvolgere il nastro di qualche minuto, restando su ancora su quei dieci metri quadrati di asfalto. Sono le 2.30, forse 2.40, e non c’è ancora sangue, non ci sono bossoli a terra. Solo due gruppi di persone, uno di Gela e l’altro di Licata, che hanno qualcosa da dirsi tra loro. E non se e mandano certo a dire perché, a un certo punto, partono i primi schiaffi. Un ragazzo di vent’anni le prende di santa ragione, tanto da essere costretto, poco dopo a farsi medicare in ospedale. Sembra una contesa «solo di mani» e nessuno immagina che poco dopo dal gruppo si staccherà un soggetto: lo vedono allontanarsi per poi tornare con una pistola in pugno. L’uomo avvolto dalla penombra fa fuoco e colpisce Michele C. all’addome, due forse tre colpi a segno, dei cinque – sei esplosi con una semiautomatica di medio calibro, forse una 7,65.

Era intervenuto per dare man forte al figlio che era stato picchiato selvaggiamente, finisce con diversi colpi d’arma da fuoco, steso a terra, con il sangue che inizia a scorrere.

Le urla e il panico si scatenano. Poteva scapparci qualcosa di più di un tentato omicidio.

La prima pattuglia dei Carabinieri arriva pochi istanti dopo gli spari.

Il quarantaduenne di Licata viene soccorso da un’ambulanza del 118 che nel frattempo raggiunge l’area di servizio. L’uomo ora è in ospedale. Poco dopo le 3 della notte è stato trasferito in sala operatoria. I medici stanno cercando di salvarlo ma è in condizioni critiche per via dell’emorragia all’addome causata dai proiettili. Non sarebbe in imminente pericolo di vita almeno stante alle pochissime notizie che filtrano dalla cortina di riservatezza che protegge le indagini.

Mentre i medici sono al lavoro per salvare il ferito sul luogo del delitto piombano gli uomini della Sezione Operativa del Reparto Territoriale, assieme ai colleghi del nucleo di Investigazioni Scientifiche. Mentre i primi iniziano a raccogliere le testimonianze, gli altri colleghi isolano la scena del delitto con il nastro bianco e rosso, impedendo che qualche curioso possa inquinarla. Sono una decina i reperti che vengono isolati, in prevalenza bossoli di pistola, ogive di piombo e tracce del possibile sparatore.

Passa poco e sul posto arrivano i gestori del locale, famiglia di imprenditori stimatissima in città e completamente estranea ai fatti. Estranea come i dipendenti e i clienti involontari testimoni di un assurdo esercizio della follia umana capace di trasformare una notte come tante in un incubo che difficilmente sarà rimosso dalla mente di chi lo ha vissuto in diretta.

Pare che il ferito fosse in compagnia del figlio e di alcuni amici, quando è venuto a diverbio con alcuni uomini del posto. Una lite. Non è ancora chiara l’esatta dinamica. Ma c’entrerebbe una donna. A un tratto un uomo si allontana, prende la pistola, forse dall’auto. Il che potrebbe fare sorgere un dubbio sulla eventuale premeditazione del tentato omicidio. Ma qualsiasi ipotesi potrebbe essere azzardata.

Poi fa fuoco e si allontana.

Ora sarà la procura di Gela, che conduce le indagini, coordinate dal dottor Fernando Asaro, a cercare di chiarire ogni cosa. Di certo e inconfutabile c’è solo il caos che si scatena, sotto gli occhi esterrefatti di camerieri e clienti del bar – ristorante. Il ferito adesso è nell’unità di Chirurgia generale del «Vittorio Emanuele», piantonato, di trovarsi in grado di parlare con gli investigatori.

Stante alle prime testimonianze un uomo a bordo di una piccola utilitaria di colore chiaro, subito dopo a sparatoria, sarebbe stato scortato in caserma, negli uffici del Reparto territoriale. Forse uno dei sospetti o uno dei testimoni. Pochissimo filtra. Ma nulla viene lasciato al caso. Due sottufficiali dell’Arma – ad esempio – hanno trascorso diverse ore nella garitta dell’ospedale per controllare eventuali ingressi di persone ferite o contuse, verosimilmente coinvolte nel tafferuglio. Il comandante del Reparto territoriale, tenente colonnello Ivan Boracchia, e i suoi ufficiali, stanno sentendo decine di persone nel tentativo di ricostruire l’esatta dinamica del tentato omicidio.

E di identificare e assicurare alla giustizia l’autore della sparatoria e i suoi eventuali complici.

Pochi giri di lancette e gli uomini dell’arma procedono all’arresto del presunto sparatore. Si tratta di Paolo Quinto Di Giacomo, 34 anni. Sarebbe lui l’uomo di Gela che ha fatto fuoco. I Carabinieri lo hanno appena arrestato con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. Di Giacomo, secondo la ricostruzione dei Carabinieri, era stato chiamato dalla sorella al culmine di una rissa tra un gruppo di gelesi e uno di licatesi. Il trentaquattrenne, a quanto pare, ha prima raggiunto la sorella che, nel corso della rissa era rimasta ferita alla testa, per poi tornare in macchina e prendere la pistola. Quando ormai i Carabinieri e agenti di Polizia stavano ristabilendo la calma, l’uomo si è presentato con una calibro 7.65 e ha fatto fuoco. Ora è in camera di sicurezza, negli uffici del Reparto territoriale dell’Arma, in attesa di essere trasferito in carcere.

Intanto, dopo il grave fatto di sangue, oggi alle 13 il prefetto, Cosima Di Stani, presiederà una riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. La riunione si terrà in Municipio, a porte chiuse, presenti il questore, il procuratore capo, il sindaco e i comandanti provinciali di Carabinieri e Guardia di finanza.

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