I teatri chiusi da un anno. E importa a pochi

Redazione

Un anno dalla chiusura dei teatri. Quando tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo del 2020 anche in città la programmazione nei teatri fu costretta ad arrestarsi, nessuno immaginava quello che sarebbe accaduto in seguito. La rassegna del teatro Eschilo e quelle del teatro Antidoto, sia quella prodotta dalla compagnia omonima che il progetto “Epicicli”, furono rinviate a data da destinarsi. Quella data ad oggi non è ancora arrivata. Un brevissimo squarcio nella tenebra la scorsa estate, una parziale riapertura delle strutture con pochissimi eventi e quella che sembrava una timida parvenza di ripresa fu in realtà l’inizio di una tempesta ancor più forte. Nel campo sono giorni di grande fermento in tutta Italia. L’iniziativa promossa dall’Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo, “Facciamo luce sul teatro”, ha fatto da prologo ad una manifestazione di protesta degli operatori del settore tenutasi ieri in molte città italiane.

La domanda resta sempre la stessa: perché i teatri non possono riaprire? Distanziamento, dispositivi di protezione individuale e le altre misure di sicurezza potrebbero essere applicate in maniera più semplice che altrove (e la stessa cosa vale ad esempio per i cinema). Ma continua a resistere il luogo comune degli assembramenti da evitare, mentre basta fare un giro nelle “zone gialle” per vedere come i comportamenti della maggior parte dei cittadini e l’assenza dei controlli generino di fatto un “liberi tutti” pericolosissimo per la salute pubblica in tempo di pandemia. Nel frattempo si prosegue con la chiusura ad oltranza dei luoghi della cultura, senza se e senza ma, così i teatri e le associazioni impegnate nell’arte si reinventano in qualche modo, con impegno e creatività, grazie al web. Perché la cultura non muore anche se soffre, soffre tantissimo. E importa a pochi, in realtà.