“I Malavoglia” ma non solo: cent’anni dalla morte di Giovanni Verga

Redazione

Il 27 gennaio 1922 si spegneva a 82 anni nella sua casa catanese Giovanni Verga. Uno dei più illustri scrittori italiani, nato e morto in quella Catania che è stata tra XIX e XX secolo fucina di firme autorevoli nel panorama artistico e letterario. Verga fu il massimo esponente del Verismo: proprio negli anni in cui iniziava a diffondersi la macchina fotografica, lo sguardo verista sul mondo fotografa la realtà sociale senza orpelli di sorta. Erano anni di profondi cambiamenti, di scoperte e innovazioni ma anche profondi disuguaglianze. Una fase storica indagata dal Verismo attraverso una scelta precisa: scandagliare vicende e personaggi presentandoli così come sono, in maniera diretta e a volte anche cruda, per far emergere tutta la durezza e la gravità dell’esistenza umana su cui impera la dittatura della Roba.

L’ambizioso e incompiuto progetto del “Ciclo dei Vinti” pone Verga tra i primi e più importanti scrittori italiani ad analizzare l’influsso dell’economia nella vita della gente, dai più poveri ai più ricchi. Il suo capolavoro indiscusso, “I Malavoglia”, fa emergere proprio il senso asfissiante di quella lotta per sopravvivere alla quale la povera gente è costretta a dedicarsi ogni giorno, tra mille sofferenze che diventano quasi sempre insormontabili.

Il suo desiderio di raccontare la bramosia di potere sociale nella scalata al successo, avviata con “Mastro don Gesualdo”, anticipa quasi profeticamente ciò che accade ancora oggi, soprattutto oggi, dove il possesso di titoli e beni materiali diventa secondo la logica dell’apparire l’unico biglietti da visita che conta. Il centenario della morte di Giovanni Verga è un momento che consente di riflettere sull’attualità della sua opera e sul contributo, straordinario, che la Sicilia ha sempre dato e continua a dare al mondo della cultura, in Italia e ovviamente non solo.

(Nella foto, busto di Giovanni Verga ad Aci Trezza)